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Non entro nel merito di chiusure e riaperture, di divieti o orari del coprifuoco. Non compete a me decidere. Da medico dico però che è moralmente inaccettabile vedere le persone accalcarsi in piazza senza mascherina, inneggiando alla libertà, mentre da più di un anno combattiamo negli ospedali per salvare vite".
Il dottor Vittorio Pavoni è il direttore della Terapia intensiva dell’Osma di Ponte a Niccheri oltre che rappresentante toscano della Società italiana anestesia e, dall’inizio della pandemia, è impegnato in prima linea insieme ai colleghi. Gli stessi che ieri, attraverso l’Ordine dei medici di Firenze, hanno rivolto un accorato appello alla responsabilità collettiva.
"Dispiace che dopo tanto tempo la consapevolezza non sia aumentata ma diminuita – spiega Pavoni – e questo, se da un lato fa rabbia, dall’altro ci deve spingere sempre più a spiegare alla popolazione che la situazione è seria. Dobbiamo far capire che non ha senso parlare di compressione delle libertà personali. Bisogna, al contrario, modificare tutti insieme alcuni comportamenti sociali che nulla hanno a che fare con la libertà. Spesso sono piccole accortezze, le stesse tre regole ripetute mille volte: indossare la mascherina, mantenere le distanze, lavarsi spesso le mani. Rifiutarsi di osservare queste attenzioni è inaccettabile, soprattutto mentre nelle corsie si lotta per non morire". E invece non solo questa attenzione non si è diffusa, ma è addirittura diminuita, così come il senso di gratitudine verso il personale sanitario. "Lo scorso anno a Pasqua siamo stati sommersi di pensieri, biglietti, uova di cioccolata – racconta ancora Pavoni – è stato un incoraggiamento importante dopo mesi di fatica, spesso senza ferie né riposi. Quest’anno invece, un silenzio quasi totale, a testimonianza di quanto il clima sia cambiato".
E anche i sentimenti di medici, infermieri e operatori sanitari sono mutati nel tempo, in parte proprio a causa di questo diverso sentimento collettivo. "All’inizio c’è stata la sorpresa, poi la paura, quindi l’incoraggiamento, il supporto psicologico e ancora l’entusiasmo legato ai vaccini – continua Pavoni –. Oggi c’è tanta stanchezza. Continuiamo a fare il nostro lavoro ma non vediamo fuori dagli ospedali la consapevolezza che servirebbe. E manca la percezione della nostra fatica: all’Osma avevamo 6 posti in rianimazione, oggi sono 26, dei quali 22 Covid". "Diteci voi cosa dobbiamo fare – ha scritto in una lettera aperta il presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze, Pietro Dattolo – Qualcuno ci indichi la strada, perché come medici abbiamo sempre lavorato per curare una società che non voleva ammalarsi, che si rivolgeva ai professionisti perché aveva paura di soffrire, di perdere i propri cari. È chiaro che ora le priorità sono cambiate o non si spiegherebbero le folle per le strade".
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