In previsione del prossimo spettacolo portato in scena dal Laboratorio teatrale del Liceo Classico “Marsilio Ficino”, Lo strano caso del Dottor Mobius, giovedì 7 aprile scorso, siamo andati ad assistere alle prove dei nostri compagni di Scuola. Nell’occasione, abbiamo intervistato alcuni alunni riguardo al lavoro che stanno preparando e che andrà in scena martedì 19 aprile, alle ore 21.15, al Teatro “G. Garibaldi” di Figline Valdarno. Federica Bozza (I Liceo) . 1) Federica, quali sono le sensazioni che provi durante il laboratorio? R. Durante le prime lezioni mi sentivo imbarazzata, erano comunque persone con cui non avevo molto legato. Pian piano però è inevitabile che si “entri nel gioco” e si incominci a prendere confidenza con i compagni. Ora che sono a mio agio, mi diverto molto. Credo che questo sia dovuto anche alla bravura dell’insegnante. 2) Che cosa ti ha spinto a partecipare al Laboratorio? R. Innanzitutto la voglia di sperimentare laboratori nuovi che la nostra scuola ci propone. Poi perché trovo che il teatro abbia la capacità di farci conoscere noi stessi mettendosi in gioco e conoscendo persone nuove.
Chiara Ricci (IV Ginnasio) 1) Chiara, cosa ne pensi del testo teatrale che abbiamo scelto? R. Penso che sia stata una scelta di buon gusto. Trovo, infatti, molto originale e coinvolgente la trama, anche nei particolari, e penso che la caratteristica e l’unicità di ciascun personaggio sia totalmente resa al meglio dal ragazzo/a che lo interpreta. 2) Cosa pensi della regista Simona Gonnelli? R. Sono rimasta particolarmente colpita dal carisma, dalla passione, dal pathos e dalla sensibilità con cui Simona Gonnelli porta avanti il suo impegno nel Laboratorio teatrale e con noi. È una donna di grande fermezza ed energia. Penso che sia anche una persona molto equilibrata visto che trova il tempo di scherzare con noi ma anche quello per riacquistare la sua professionalità. Voglio, poi, aggiungere uno speciale ringraziamento al coordinatore del Laboratorio, prof. Giovanni Meucci, senza il quale non sarebbe stato possibile sperimentare tutto ciò.
Gabriele Dini (IV Ginnasio) 1) Gabriele, qual’è la cosa più bella del partecipare a un laboratorio teatrale? R. Partecipare a un laboratorio teatrale è veramente una grande emozione. Nel senso che riuscire a partecipare a un laboratorio che si propone di aiutare le persone ad esprimere se stesse è un’esperienza molto bella. Queste cose, infatti, che apparentemente possono sembrare semplici o, magari senza valore, in realtà, sono fondamentali per la crescita individuale della persona. 2) Cosa ne pensi del personaggio che interpreti, l’infermiere Uwe Sievers? R. Il mio personaggio è molto particolare, infatti, non è una figura che trasmette molte emozioni, perché il suo lavoro è quello di sorvegliare alcuni pazienti di un manicomio. Dalla descrizione, anche se molto vaga, che sono riuscito a comprendere dal copione, l’infermiere capo Uwe non è un tipo a cui piace molto esporsi. È un tipo freddo che svolge diligentemente il suo dovere.
Martina Fabrizi (IV Ginnasio) 1) Martina, condividi la scelta del personaggio Mobius di non rivelare le sue scoperte scientifiche? R. Credo che da una parte Mobius sbagli a non rivelare le sue scoperte scientifiche perché potrebbero portare a un migliore tenore di vita nel mondo, dall’altra, però, condivido il suo timore che possano cadere nelle mani degli uomini sbagliati provocando disastri naturali irreparabili. 2) Che ne dici di chi guida il Laboratorio? R. Bhé… nonostante le tante difficoltà da superare, nella nostra Scuola abbiamo la fortuna di avere persone che con particolare interesse, motivazione e speranza, continuano a portare avanti questa bella esperienza. E credo che, senza la buona volontà di queste persone, l’esperienza del Teatro al “Marsilio Ficino” sarebbe terminata già da molto tempo.
Concludiamo la nostra intervista con una domanda rivolta alla scenografa del Laboratorio teatrale, Serena Naddi: «quali sono le idee che, di comune accordo, avete seguito per la scelta della scenografia»? «Fondamentalmente, l’azione drammatica si svolge prevalentemente nel salotto del sanatorio “Les Cerisier”quindi, un classico ambiente da ospedale in cui il colore predominante è un bianco spento. Per questo motivo abbiamo scelto un’ambientazione essenziale e un arredamento prevalentemente bianco: le sedie, il tavolo, il pavimento, il ritratto al centro della parete, i vestiti del personale medico. Per quanto riguarda i personaggi che vivono all’esterno del manicomio, invece, abbiamo scelto un abbigliamento anni ’40-’60. Mentre, diversamente dalla tradizionale scenografia utilizzata per la pièce di Dürrenmatt, I fisici, abbiamo inserito quattro corpi di sbarre mobili per sottolineare la progressiva trasformazione del manicomio in prigione per i tre fisici protagonisti del dramma. Un carcere non solamente come luogo fisico ma anche come dimensione interiore in una società che sacrifica il bene individuale e collettivo per interessi politici ed economici di pochi. Lo scienziato non è più libero ma è usato e controllato da un potere contro il quale è difficile difendersi, anche all’interno di un sanatorio».
Ufficio stampa. Liceo Classico “Marsilio Ficino”
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