Nel Consiglio Comunale del 29 settembre si discuterà la mozione che segna il primo passo verso la fusione fra Figline e Incisa.
Nelle intenzioni, tale operazione dovrebbe condurre ad una ottimizzazione delle risorse dei due comuni, con conseguenti apprezzabili risparmi nella gestione dei servizi e della Cosa Pubblica.
Ma non è tutt’oro quello che luccica: infatti è stata ventilata con preoccupante insistenza l’idea di traghettare celermente questo nuovo Comune Unico verso una sproporzionata unione di comuni, un gigante dai piedi d’argilla che arriverebbe a comprendere addirittura buona parte della Val di Sieve, fino ai confini del Mugello.
Nell’ottica del Comune Unico, Figline e Incisa avrebbero, per la loro posizione geografica, un ruolo centrale nei confronti di tutto il Valdarno; sarebbero però l’estrema periferia di un’unione che si estendesse verso Pontassieve, Rufina e Dicomano. Oltretutto tali zone hanno esigenze e caratteristiche diverse, e correremmo il rischio di vedere le nostre risorse diluite su un territorio enorme, e le nostre priorità soggiacere a quelle di realtà a noi lontanissime, con costi e disagi ben superiori ai vantaggi recati dal Comune Unico.
Abbiamo così proposto un emendamento alla mozione, nel quale si ribadisce il ruolo centrale di Figline nel Valdarno Fiorentino: i comuni valdarnesi dovranno essere gli interlocutori primari ed esclusivi in vista di eventuali partnership e unioni. Il nostro intento è quello di salvaguardare l’economia figlinese, il nostro territorio con le sue vocazioni agricole, turistiche, industriali; in breve, la nostra valle. Se queste condizioni saranno rispettate, allora e solo allora potremo procedere convinti verso il Comune Unico.
Gruppo Consiliare Salvare Il Serristori – UDC
Comune di Figline Valdarno
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23/09/2011 ore 23:21 Le principali argomentazioni addotte a sostegno dell’unificazione sono, se ho ben capito (cosa non scontata), sostanzialmente tutte di ordine economico da un lato e di peso politico-amministrativo dall’altro. Non ne ho sentite alcuna di ordine storico, di omogeneità sociale fatta di organizzazioni, associazioni, gruppi politici, culturali, religiosi che sorreggono trasversalmente le due comunità. Non pare esserci neanche omogeneità territoriale o della diffusione dell’urbanizzazione. Il territorio oltre la piana del Fiume si presenta di tipo collinare inframezzato da avvallamenti lungo le aste dei torrenti affluenti l’Arno. Ci sono tanti nuclei abitati galassie dei due centri principali di cui quello di Figline maggiormente dimensionato; c’è un nucleo particolarmente complesso a cavallo di tre comuni costretto tra l’Arno ed il Resco, attraversato dall’autostrada e dalla direttissima già ora e (forse, molto forse lo si sa) dalla variante alla SR69. Il Matassino. Abbiamo cioè quella che molti chiamano una città diffusa. Nessuno ha dubbi sui risparmi. Anche se forse sarebbe il caso di averne. Da esperienze, anche non lontane territorialmente, si legge chiaramente lo svilupparsi di spinte, di interessi, di bisogni nucleo centriche. Il nucleo urbano A rivendica di avere lo stesso trattamento del nucleo B, che so, per l’estensione dei giardini e dei parchi giuochi, piuttosto che degli uffici anagrafe o dello sportello delle attività produttive oppure dell’acqua ovvero del gas per non parlare delle zone produttive (artigianali e commerciali) e cosi via campanilisticamente rivendicando. Esiste lo spessore politico per contrastare queste possibili spinte di campanile e per ricondurre a sintesi e ad efficienza ed efficacia l’azione amministrativa che superi queste spinte stesse? Non pare proprio. Si rischia di avere non una città diffusa ma una CITTA’ CONFUSA! Dove, invece di aver ottimizzato le risorse, queste saranno ulteriormente polverizzate rincorrendo le spinte, che dicevamo, mal contrastate da una politica e da un “governo” debole. Problema che si ribalta parimenti sul terreno del peso politico-amministrativo fosse questo di tipo provinciale o metropolitano che di unione dei comuni. Tanto è che quello che si sostiene si basa sul numero di abitanti – 24 mila - e non su un accresciuto (difficilmente dimostrabile) peso politico-istituzionale. Siamo proprio certi che basterà il numero degli abitanti per “pesare di più”? Non è che occorre una classe dirigente adeguatamente attrezzata e di peso? Potrebbero esserci in futuro amare sorprese. Forse un po’ di cautela non gusterebbe. Se mi è concesso aggiungo una nota pepata. Qualcuno mi spiega dove sta la lungimiranza nel progettare il nuovo comune nelle Lambruschini caricarlo di aspettative messianiche di rilancio della Città e quasi contemporaneamente pensare all’unificazione delle strutture amministrative di due comuni? Ammetto la mia pochezza ma non riesco ad arrivarci.
Appuntamento alla "Biblioteca Gilberto Rovai" per la quinta edizione per la rassegna nata per favorire e diffondere la lettura. Appuntamento per sabato 26 e domenica 27 ottobre